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Per Aspera Ad Veritatem n.28
Luigi Sturzo - La Comunità internazionale e il diritto di guerra
Universale Laterza, Milano, 1992



Nell’attuale momento storico, molte sono le ragioni per cui la guerra sembra tornata ad essere “normale”, mezzo ordinario di risoluzione delle controversie internazionali e non ultima opzione. Tra queste, l’estensione del raggio delle minacce (pensiamo al terrorismo), la progressiva delegittimazione delle Nazioni Unite, la perdita della memoria etica che la seconda guerra mondiale aveva lasciato in eredità all’umanità intera, l’opacità della parola “guerra” oltre che l’”inefficacia” delle classiche strategie di deterrenza.
In tale fase, in cui sembra radicarsi dunque una sorta di coessenzialità della guerra allo sviluppo del mondo contemporaeno, induce a momenti di riflessione la lettura di uno scritto di Luigi Sturzo – uomo politico di grande levatura e studioso originale di sociologia antropologica – in cui si ipotizza invece la tesi opposta, quella cioè dell’eliminabilità della guerra. Ci piace segnalarlo per l’attualità che la riflessione sul tema dei conflitti ha assunto in questa fase storica.
Si tratta, in effetti, del saggio “La comunità internazionale e il diritto di guerra”, la cui prima edizione venne pubblicata a Londra, in lingua inglese, nel 1929 e che viene riprodotto, nella sua parte centrale e conclusiva, in un agile volumetto, sesto della collana “Opere scelte di Luigi Sturzo” curata dal Prof. Gabriele De Rosa. Il volume contiene anche una scelta di articoli sul secondo conflitto mondiale e, in appendice, l’introduzione al predetto saggio, scritta per l’edizione italiana del 1953.
L’assunto di fondo da cui si snoda il pensiero sturziano sulla tematica della guerra è la negazione della sua necessità, del suo fatale accadere, per approdare alla conclusione opposta che vede, invece, la guerra come imputabile alla responsabilità soggettiva di coloro che la promuovono e vi contribuiscono, come conseguenza della rottura della legge morale e dell’abbandono dello spirito cristiano di fratellanza.
L’Autore muove dalla nozione di “guerra” e della sua natura di istituto giuridico ammesso internazionalmente per risolvere un conflitto fra gli Stati, a mezzo della forza armata. Ne individua poi il presupposto di legittimazione giuridica nello stato di necessità, cioè nell’impossibilità di trovare altro mezzo adeguato di risoluzione del conflitto. Passate in rassegna le varie teorie sulla “guerra giusta” ed i sottesi argomenti giustificativi – da Sant’Agostino e gli scolastici, a Carl Schmitt, a Machiavelli etc. – e, rilevatane l’inattualità, si chiede se e come l’istituto della guerra sia eliminabile.
Per dare risposta affermativa alla prima domanda, l’Autore ricorre a vari precedenti storici di istituti giuridici (quali la schiavitù, la struttura feudale, la poligamia) che si ritenevano insuperabili e che invece sono scomparsi nel tempo, poiché non più rispondenti a sopravvenuti assetti politico-sociali.
Quanto al modo dell’eliminazione del diritto di guerra, lo intravede nel rafforzamento del sistema delle organizzazioni internazionali che promuova le condizioni per l’eliminazione della guerra e che, al regime di divisione e di indipendenza di Stati sovrani, sostituisca un regime di unione e di solidarietà internazionale fra Stati interdipendenti. È questa la soluzione che Sturzo indica come quella, moralmente e materialmente, meno onerosa per dirimere le vertenze e la più vantaggiosa per ridurre su un piano razionale le tendenze egemoniche e dominatrici di un popolo sull’altro e per attenuarne la portata.
Tale convinzione matura a conclusione di un’accurata e per molti versi coraggiosa analisi dei problemi che costituiscono le motivazioni più ricorrenti per l’insorgere delle guerre, come diritti e rivendicazioni nazionali, esigenze demografiche e bisogni economici. La guerra, riteneva Sturzo, anzichè giovare alla loro soluzione, contribuisce invece a renderne più difficile il superamento.
Per ottenere un nuovo ordine attraverso una nuova organizzazione internazionale, che bandisca la guerra come illegittima, occorre prima di tutto una “conversione morale”: una rivoluzione etica che porti a considerare la guerra non più necessaria, accessibile solo come extrema ratio nella definizione delle controversie internazionali. Qui va colto un aspetto di sicura attualità del pensiero sturziano, laddove si ponga mente alle guerre verificatesi negli ultimi anni, che hanno preteso di legittimarsi non sul piano del diritto ma con argomenti esclusivamente morali. È su tali giustificazioni, che chiamano in causa le responsabilità della riflessione filosofica (della filosofia giuridica, come della filosofia morale e della filosofia politica), che occorre “lavorare” in modo da generare un senso comune che bandisca la guerra come mezzo ordinario di soluzione dei contrasti.
Con la concretezza politica che ne contrassegna tutto il pensiero, Sturzo non manca però di cogliere alcuni profili di criticità nella soluzione individuata: il difficile equilibrio e contemperamento fra l’indipendenza dei singoli Stati e l’autorità dell’organizzazione internazionale; la difficoltà di attuare un sistema rigido di patti che eliminino la guerra in sistemi in cui squilibri economici, situazione interna di certe nazioni rendono oscillante ed incerta la vita internazionale; la rinuncia agli armamenti, cioè il disarmo, visto come problema soprattutto psicologico, un orientamento dei popoli e degli Stati verso un sistema internazionale che elimini la guerra, come un atto di fede nella pace e nei patti, come un mezzo necessario all’evoluzione della comunità internazionale.
Problemi che, a ben vedere, trascorsi settant’anni sono tutti temi aperti della riflessione politica.



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